5.06.2008

Le voci del torrente, Sherwood Anderson



Le voci del torrente è un racconto stupendo.
Anderson scrive una lettera aperta agli scrittori, agli artisti, in particolare ai giovani scrittori americani, dove tratta l'annoso e pesante problema del dualismo fra indipendenza artistica dello scrittore e consenso popolare.
Ho sempre amato Anderson, ma questo breve testo scritto da un teneramente cinico ultrasessantenne me ne ha fatto scoprire un lato nuovo; Le voci del torrente mi è sembrato quasi un piccolo Posto delle fragole andersoniano.
L'amarezza profonda dello scrittore che ha raggiunto la piena maturità eppure non ha risolto il problema economico trasuda da questa novella come un liquido dal sapore di medicinale. Anderson si rende conto che è la qualità stessa del suo lavoro la causa principale dell'insuccesso presso il grande pubblico, per raggiungere il quale molti suoi colleghi finiscono per "prostituirsi" a Hollywood.
Nel 1940, Anderson è uno scrittore acclamato da tutto il mondo, ma ancora senza alcuna stabilità economica. Ha aiutato generosamente giovani scrittori come Hemingway e Faulkner a uscire alla ribalta, e ne è stato ripagato con l'ingratitudine. Hemingway nel 1925 lo attacca esponendolo al ridicolo in Torrenti di primavera; Faulkner ne fa una parodia grottesca in Zanzare (1927).
Anderson muore nel 1941, in seguito a un pezzo di stuzzicadenti ingoiato per sbaglio che gli causa una peritonite, mentre stava navigando verso la Colombia, dov'era invitato per una conferenza, una delle attività che era costretto a portare avanti (e che non amava assolutamente) per poter vivere "senza prostituirsi".

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