1.19.2008

freedom bondage

Vorrei scriverti una poesia d’amore,
di quelle tipo
il più bello dei mari o
she walks in beauty.

Quelle poesie ridicole e commoventi
al tempo stesso,
che evocano immagini surreali;
baci che colano come fonti,
nella tazza del cuore.

Quelle poesie a cui le parole mancano,
perché la presenza dell’amore
le brucia come foglie secche.

Oppure di quelle scritte di notte,
in un buio che trasuda di desiderio,
che parla di corpi avvinghiati,
o di corpi immaginari che
non si toccano mai.

Me ne andrebbe bene anche una cinica,
che non nasconda a sé stessa
una consapevolezza antica
eppure crudele.
Che non parli di mistero, né di dolore
né di allucinazioni fiammeggianti.

Mi piacciono anche quelle disperate,
sospese sul ciglio della catastrofe;
come quelle di Pavese,
piccole apocalissi incastonate
in baci falliti.

Poi sappiamo entrambi che sono
insuperabili
quelle di Carver, così schiette,
così umane da far paura.

Viviamo in tempi infami,
ma l’ha già scritto Verlaine;
è l’amore che è essenziale,
lo ha già scoperto Pessoa.

Vorrei scriverti una poesia d’amore,
che sembri tutt’altro;
che non bruci al tatto,
che abbia la suspense
dello scontrino della spesa.

Una poesia scritta senza alcuna ragione,
che puoi gettar via appena desideri,
per noi che siamo tristi nella prigione,
per noi che siamo tristi anche da liberi.

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