5.07.2008

Non è un episodio

Su Veronablog il post del giorno è quello di Dietnam, che cita a sua volta un servizio del principale quotidiano veronese.
Per quanto mi riguarda, ho apprezzato molto il commento di Vittorino Andreoli
a TG3 Primo Piano dell'altro ieri (è ancora online su RaiClick, per chi volesse vederlo).
Appena avrò distillato il mio pensiero in parole lucide proverò a postarlo,
perché mi trovo in netto disaccordo con la maggior parte delle posizioni che sono state prese, sia da parte dell'informazione sia da parte della maggioranza dei miei concittadini.

Da L’ARENA di oggi:

LA TESTIMONIANZA
Il ricordo di un giovane aggredito in pieno centro solo per aver chiesto di passare.
Gli aggressori sono dello stesso gruppo dei cinque arrestati
Calci, pugni e la testa rotta a bottigliate
«La cosa che mi fa più male è vederli ancora in giro, con quelle facce strafottenti e gli occhi pieni di odio»

«Da un anno sono in cura da uno psicologo, soffro di insonnia e alla sera non esco più e, se proprio devo, rientro prima delle dieci perché molti di quelli sono ancora in giro, e non sono più tranquillo, le stesse facce strafottenti e gli occhi pieni di odio, sempre pronti a menar le mani e incuranti delle conseguenze». «Quelli» sono i giovani tra i 18 e i 25 anni che una sera di una anno fa, in pieno centro, a due passi da piazza Erbe, lo hanno massacrato di botte per aver chiesto a uno del gruppetto di passare. Amici dei cinque ragazzi finiti in cella per aver ucciso di botte Nicola Tommasoli. Lui, che dice di non vivere più sereno, che ha paura per i suoi familiari, che chiede di rimanere anonimo, sulla testa è pieno di cicatrici: bottigliate e bicchieri che gli hanno spaccato sul capo in un raid durato pochissimo, ma di una violenza inaudita e che lo ha mandato all’ospedale a farsi suturare le ferite. «Erano tutti in mezzo alla strada, saranno stati una decina, ho chiesto permesso, ma gentilmente, si sono limitati a guardarmi, si sono fatti da parte e poi, tutto di un colpo, mi hanno aggredito alle spalle. Mi hanno rotto una bottiglia in testa. E poi un’altra e un’altra ancora, ero ricoperto di sangue, ho cercato di difendermi ma erano in troppi e calciavano e tiravano pugni da tutte le parti. Per fortuna non sono caduto a terra, altrimenti era la fine, magari finivo come Nicola, il ragazzo che hanno ucciso». «La cosa che mi fa più male», continua, «è che nonostante siano stati individuati, denunciati e nonostante ci sia un’inchiesta in corso, molte di quelle facce le vedo ancora in giro, questi non hanno paura di niente e quando mi vedono mi guardano pure in segno di sfida». «In città li conoscono, e anche alla polizia, sono un gruppetto di una ventina di persone, si muovono in branco da un bar all’altro in cerca di risse. Vestono con polo e bomber, portano i capelli corti e hanno molti tatuaggi». A Verona, quindi, è emergenza criminalità. Ma gli stranieri non c’entrano, si tratta piuttosto di «quelli», giovani veronesi annoiati che si identificano nell’estrema destra perché fa figo essere violenti e che scorrazzano per la nostra bella «bomboniera» assetati di sangue. Il sindaco Flavio Tosi, che a dicembre ha marciato alla manifestazione del Veneto Fronte Skinheads ha commentato più volte l’aggressione di Nicola Tommasoli ribadendo, tra l’altro, che si è trattato «di un episodio isolato». Non è vero: ripercorrendo le cronache degli ultimi mesi, contando le denunce fioccate in Questura per aggressione, ascoltando gli agenti della Digos, sfogliando i giornali, emerge un quadro piuttosto definito e inquietante: i pestaggi in città nell’ultimo anno e mezzo si sono ripetuti con una cadenza allarmante. Sono a decine, da piazza Viviani a via Mazzini, da Veronetta a piazza Erbe, da Volto San Luca a Corso Cavour. Ragazzi inseguiti, malmenati, feriti e in alcuni casi accoltellati. La morte aspettava dietro l’angolo. Un’emergenza messa in evidenza dal nostro giornale il 26 marzo scorso quando pubblicammo l’allarme lanciato dagli 007 del Viminale sull’estremismo politico in città: «Riproposte tesi razziste», scrivevano gli agenti dell’intelligence che fa capo al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, «Gruppi dell’ultradestra hanno intensificato le iniziative di impronta xenofoba». Marchio pesante, clima incandescente. E non per i phone center o i negozi di kebab ma per il rischio che un giovane uscito per bersi una birra possa finire all’ospedale. «E chi si sente al sicuro perché si illude che questa gente se la possa prendere solo con i "diversi"», conclude il ragazzo pestato un anno fa, «sbaglia: io non ho niente che mi possa fare identificare come uno di sinistra, o come uno straniero, e quasi mi ammazzano di botte. C’è da avere paura, ma sul serio».

Intanto, sono arrivati anche i risultati dell'esame autoptico.

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