1.23.2008

Probot

Vostra Immensa e Gloriosa Possanza, riferisco il rapporto delle nostre sentinelle. La nave dei visitatori è appena entrata nella fascia satellitare esterna di Probot. L'astronomo di corte calcola che essa raggiungerà il nostro presidio orbitale entro poche ore. I visitatori trasmettono “il Messaggio” su frequenze infragamma e in rotazione linguistica iterata. Secondo le prime analisi degli extraglottologi, sembrerebbe trattarsi di una variante piuttosto antica, probabilmente una Beta 4.2.

Mentre ascoltava distrattamente le parole del suo primo cancelliere, prono di fronte a lui, il Re di Probot assunse la posizione della Cautela Regale, ritto in verticale, tenendosi in equilibrio sul capo. Prima di prendere la parola a sua volta, il Re portò la mano sinistra a coprirsi in parte la bocca, nella manovra che è chiamata della Sottile Perplessità: - Beta 4.2 dici, mio fedele Tbor... Non è la prima volta che mi trovo di fronte a una sospetta variante Beta del ''Messaggio Universale di Cordialità'', o sbaglio? - domandò.
- Mai succeda che l'Impareggiabile Saggezza Reale cada in errore, Mio Signore. Non è la prima volta, certo - rispose Tbor, malcelando una certa agitazione.
- E non è forse vero che le sospette varianti Beta incontrate in precedenza si sono rivelate banali simulazioni, goffi tentativi di penetrare le impenetrabili difese di Probot da parte di razze tanto ignote quanto sprovvedute? - incalzò il sovrano.
- Questo è certamente vero, Rilucente Splendore di Probot - mentì Tbor che, ahilui, conosceva il copione a menadito.
Era ormai da lungo tempo che il Regno di Probot rispondeva al ''Messaggio Universale di Cordialità'' trasmesso dalle navicelle aliene di passaggio disintegrandole senza pensarci due volte, con la scusa che la forma del Messaggio non corrispondeva a quella riconosciuta come originale da Probot, la variante Theta 1.1. Un pretesto come un altro per non fornire ospitalità e ristoro agli occasionali visitatori di quella remota regione dello spazio, violando così gli accordi del ''Trattato Interrazziale di Pace''. Questa la linea di condotta dettata da Re Ktobron VII: il delirio protezionista e isolazionista di un sovrano divorato da una follia senza via d'uscita.
La tipica follia da solitudine dello spazio profondo.
Ma Tbor e gli altri membri del consiglio non demordevano, tentando in tutti i modi di far rinsavire Ktobron; sapevano bene che questo gioco non poteva continuare a lungo. L'universo è sconfinato, ma anche in uno spazio infinito le voci girano più rapide di quanto si possa immaginare. Prima o poi qualcuno sarebbe venuto a presentare il conto a Probot per le sue azioni criminali... Qualcuno dotato di missili spaziali a carica antimaterica implodente, magari... E allora l’intero pianeta avrebbe pagato il prezzo della sventatezza del proprio sovrano.
Prima di continuare, Tbor tirò un respiro profondo: - Tuttavia, se l'umile cancelliere di Vostra Imperitura Grazia potesse esprimere un'osservazione personale sulla questione...
- Tbor! - lo interruppe subito il Re, tuonando minaccioso e compiendo una leggiadra giravolta su sé stesso. Era così balzato in posizione eretta, con le mani a coprirsi le tempie: la posizione del Lobo Ferito. La figura imponente del sovrano incombeva su Tbor, ancora prono e tremante, come un nubifragio pronto a scatenarsi su di lui: - Da quanto tempo né tu né alcun altro membro della corte esprime una qualsiasi opinione personale durante un colloquio con me?
- Da quasi venti cicli Vostra Incommensurabile Eloquenza - rispose Tbor, trattenendo a fatica un commento personale sull'argomento.
- E dimmi Tbor, figlio di Trob che fu consigliere del mio Splendente Padre, perché mai non vi viene permesso di esprimere opinioni personali? - continuò il Re, col tono di chi recita una liturgia particolarmente complessa.
Tbor alzò leggermente il capo da terra e si guardò attorno, cercando solidarietà nella folta schiera di funzionari del Regno disposta a emiciclo alle spalle del Re. Non che sperasse veramente in qualche tipo di sostegno; si trattò più che altro di un riflesso incondizionato.
- I membri del consiglio non esprimono opinioni su alcunché perché l'Abbacinante Luce del Mattino già conosce ogni più sottile piega dell'universo; nel cosmo intero nessun pianeta rifulge prospero quanto Probot, la gemma prediletta, l'astro predestinato - declamò Tbor, senza troppa convinzione.
Sua maestà rilascio le braccia lungo i fianchi e, per la prima volta, parlò senza assumere alcuna posizione rituale: - Esattamente, l'astro predestinato... La nobile stirpe di Probot non permetterà a razze primitive e barbare di contaminare il proprio spazio vitale.
- Il Luminoso Destino di Probot ci obbliga a restare isolati dal resto dell'universo, a percorrere da soli l'impervia via della conoscenza, qualsiasi cosa questo comporti, qualsiasi perdita, sacrificio od olocausto.
Il volto di Ktobron venne scosso da un fremito e i suoi occhi si velarono di rosso purpureo. Un liquido viscoso fluì sulle sue retine scaturendo da sotto le palpebre. Il Segnale Regale dell’Attacco.
- Che le milizie di Probot s’approntino per la battaglia! Che vengano armati i mortai laser! Che la nave aliena venga distrutta! – decretò Ktobron, sputacchiando saliva come un invasato.
Tbor e gli altri membri del consiglio, per l’ennesima volta, abbassarono il capo davanti alle folli decisioni del proprio sovrano. A uno a uno, inserirono gli anulari nei circuiti di comunicazione impiantati sotto i lobi, per trasmettere gli ordini di Ktobron ai generali dei diversi corpi militari di Probot. In qualità di primo cancelliere, spettava a Tbor allertare il presidio orbitale e dare l’ordine di armare i mortai all’iridio laser; tuttavia Tbor indugiò per diversi secondi, l’anulare piantato nel freddo alloggiamento sotto la tempia destra, prima di far scattare la falange e aprire il canale di trasmissione.
Venti cicli.
Da venti lunghi cicli Tbor ripeteva gli stessi gesti, rendendosi complice del folle Ktobron nella distruzione di inermi navi aliene, e, nonostante tutto, non riusciva ancora a dare il fatale ordine con la disinvoltura consona a un diplomatico del suo rango. Ogni volta si fermava un attimo e pregava, fra sé e sé, rivolgendosi a un dio che non credeva veramente potesse esistere (perché gli abitanti di Probot credono in un solo dio: il Re di Probot), un dio lontano, primigenio, un dio dello spazio profondo che Tbor riusciva a concepire solo in un recesso dell’anima altrettanto profondo; eppure egli pregava, ogni volta, attardandosi con l’anulare inserito nel circuito neurale, muovendo le labbra impercettibilmente: - ''Ti prego... Se mai tu esista, in qualche angolo di quest’universo nero, in qualsiasi forma tu possa manifestarti, io ti prego: interrompi questa follia. Poni fine al delirio di Ktobron, Re di Probot. Dio mio, ferma questa follia...''
La falange di Tbor scattò sul relais neurale, attivando la comunicazione con il comandante della stazione orbitale: - Generale Krobb, qui parla Tbor, primo cancelliere dell’Eterna Scaturigine di Verità, Ktobron VII, Splendente Re di Probot.
Tbor esitò ancora un attimo, continuando a pregare nel proprio intimo, fuori dalla portata di qualsiasi connessione neurale. Poi diede l'ordine: - Generale Krobb, armate i mortai all’iridio. Questo è il volere ineffabile dello Splendente Ktobron VII. Puntate i cannoni contro la navicella aliena e...
Tbor fu costretto a lasciare la frase a metà, perché una voce terribilmente turbata intervenne sulla frequenza d’emergenza, in modo che tutti, nella Sala Reale del Consiglio, potessero sentirla: - Qui Sentinella B12, settore orbitale Sigma 3, rapporto urgente, codice rosso: una nave aliena di proporzioni immense è improvvisamente apparsa sopra Probot! È enorme, non ho mai visto nulla del genere… - la voce della sentinella tradiva un’angoscia assoluta.
Immediatamente, Ktobron e i membri del Reale Consiglio vennero collegati in neurovideo con la postazione Sigma 3. Ciò che videro giustificò abbondantemente la disperazione della sentinella. Urlando, in preda al panico, si diedero tutti scompostamente alla fuga, cercando di raggiungere le servo-capsule di salvataggio del Palazzo Reale. Tutti tranne Ktobron (sebbene pazzo, era pur sempre un Re) e Tbor, che rimase immobile nella sua posizione prona.
Ktobron non disse nulla, chiuse gli occhi e assunse la postura regale dell'Ultima Meditazione, sospeso a mezz'aria, rannicchiato come un feto nella placenta. Da questa posizione non si sarebbe più mosso, qualsiasi cosa fosse successa.
Tbor non riusciva a distogliere lo sguardo della propria mente dall'impossibile struttura aliena che si avvicinava al pianeta, sempre più minacciosa. Gli appariva come un mastodontico impianto di smaltimento rifiuti...
Era una nave spaziale immensa - se mai fosse realmente una nave - con una massa volumetrica quasi tripla rispetto a quella dell'intero Probot, e lo ricopriva come un manto funebre. Dal telaio centrale dell'ignoto oggetto, roteante e di forma ovale, pendevano strane strutture affusolate, tentacoli meccanici lunghi almeno quanto il diametro del pianeta. Lentamente, ma inesorabilmente, l'oggetto alieno si avvicinava a Probot, adattando la propria forma al pianeta, muovendo i tentacoli a tenaglia, come a volerlo afferrare in una morsa, stritolare.
- Ebbene esiste un Dio, nell'universo! - pensò Tbor.
- Mi chiedo solo perchè abbia atteso così a lungo, prima di porre fine alla spirale di follia in cui Ktobron ha gettato la nostra razza...

L'universo è sconfinato, ma anche in uno spazio infinito la preghiera di un fedele giunge al proprio dio, il cui orecchio è vigile ai più piccoli dettagli del cosmo. Certo, può essere necessario un tempo considerevole perché l'invocazione percorra le galassie.
Quasi venti cicli di Probot, addirittura.

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